Perché «testi esemplari»? L'espressione, titolo del XXIX congresso dell'Associazione Italiana di Studi Semiotici (Castiglioncello, 5-7 ottobre 2001), nasce da una duplice serie di riflessioni.
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Da un lato, vi è l'esigenza teorica, spesso manifestata, di riandare alla storia della disciplina per trame nuovi stimoli di ricerca e, in particolare, di rileggere testi della teoria e della pratica semiotica che si possono considerare esemplari alla luce del dibattito attuale. Dall'altro, il crescente numero di insegnamenti universitari ha portato a chiedersi quali testi, autori, analisi possano considerarsi esemplari per illustrare la semiotica a chi l'affronti per la prima volta. Ne è risultata una scelta di testi teorici (dai saggi di Peirce ai Fondamenti della teoria del linguaggio di Hjelmslev, dal De signis di Filodemo al Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein ecc.) che possono ben definirsi esemplari nella costruzione del paradigma semiotico. A questi si affiancano testi su cui si sono esercitate analisi divenute riferimenti correnti nelle pratiche applicative della semiotica (quella di Barthes sulla pasta Panzani, quella di Eco sul sapone Camay, lo studio di Greimas su Maupassant ecc.). Nasce così una rassegna organica, che, pur senza volersi porre come «canone», rappresenta una panoramica ampia, che ripropone sotto una nuova luce autori e opere posti a fondamento degli studi semiotici. Completano il panorama indirizzi di ricerca inediti (dalla riscoperta di autori dimenticati all'esplicitazione delle teorie linguistiche e semiotiche sottese a testi artistici e letterari del Novecento); proprio da proposte di questo tipo potrebbero scaturire stimoli per futuri sviluppi della disciplina semiotica.