La pacata ma intensa cifra lirica di Alessandro Moscè, che mi ha sempre colpito, porta l’indagine esistenziale a risultanze di valore universale, in una scrittura misurata,che corre nel senso dell’amplificazione calibrata, cioè della messa a fuoco più incisiva della rappresentazione, risultando funzionale non solo all’originale stile lineare dell’autore, ma anche all’immediato coinvolgimento di interesse del lettore.Dalla prefazione di Paolo Ruffilli